mercredi 2 août 2017

La demenza colpisce meno gli anziani, ma i casi sono in aumento

L’invecchiamento della popolazione fa sì che il numero totale di ammalati sia sempre in crescita. Studio USA: meno a rischio le persone con un buon livello di istruzione
Sempre meno anziani si ammalano di demenza. La notizia è alquanto positiva e potrebbe sorprendere se si pensa al notevole incremento dei fattori di rischio vascolare per questa malattia neurodegenerativa come il diabete, l’ipertensione e l’obesità. Ma la conferma viene da uno studio americano apparso su JAMA Internal Medicine dal quale emerge anche che ad essere meno a rischio sono le persone con un buon livello di istruzione. E questo dato aiuterebbe a spiegare la tendenza generale alla diminuzione dell’incidenza tra gli anziani, dal momento che chi sta entrando oggi nella terza e quarta età ha almeno un diploma, insomma un livello di istruzione maggiore rispetto ai coetanei di un decennio fa.

«Sembra che gli investimenti effettuati in questo paese (gli Stati Uniti) nell’istruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale stiano dando i loro risultati in termini di una miglior salute del cervello tra gli adulti più anziani» ha spiegato uno degli autori, il professor David Weir dell’Università del Michigan e direttore dello studio Health and Retirement Study. «Ma il numero di anziani sta crescendo così rapidamente che l’onere complessivo della demenza sta ancora aumentando». In altre parole, nonostante la diminuzione dell’incidenza delle demenze , le malattie neurodegenerative sono comunque in continua e costante crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione. Secondo l’Oms, il numero di malati potrebbe arrivare entro il 2050 a 135 milioni.

Tuttavia, secondo gli autori dello studio, c’è un «crescente numero di evidenze che questo declino del rischio di demenza è un fenomeno reale e che la crescita del peso delle demenze potrebbe in termini assoluti non essere così ampia come già stimato». I ricercatori hanno analizzato i dati e i risultati dei test cognitivi di oltre 21mila persone over 65 già reclutate nello studio Health and Retirement Study per valutare la tendenza del fenomeno nell’arco di dodici anni. Nel 2000, l’11% degli intervistati rientrava nei criteri diagnostici della demenza, nel 2012 era solo l’8,8% del totale. Nel periodo di tempo considerato, inoltre, il numero di anni scolastici era aumentato in media di 12 mesi, passando da 12 anni a 13 anni di istruzione.

Le attuali evidenti disparità nell’accesso all’educazione, ipotizzano gli scienziati, potrebbero avere delle conseguenze sulla salute del cervello e quindi sulla capacità di lavorare ed essere autonomi man mano che gli anni avanzano. Inoltre, non solamente il numero di anni trascorsi sui banchi di scuola conta, ma anche il poter accedere a lavori stimolanti, che accresce quella che i neuroscienzati chiamano “riserva cognitiva”, scudo protettivo in grado di fronteggiare (ed eventualmente ritardare) la comparsa delle malattie neurodegenerative.


«Un cambiamento nelle previsioni generali sulla demenza può avere un notevole impatto economico - ha commentato il responsabile dello studio, Kenneth Langa della Medical School dell’Università del Michigan - Ma non fa nulla per ridurre l’impatto che ogni singolo caso ha sui pazienti e sugli operatori sanitari. Questo sarà ancora a lungo un problema prioritario per le famiglie e per la politica sanitaria, ora e nei decenni a venire».

mardi 1 août 2017

L'eterna giovinezza: Le donne sono più "multitasking" degli uomini.

L'eterna giovinezza: Le donne sono più "multitasking" degli uomini.: Il segreto è negli ormoni Uno studio svizzero ha identificato il segreto della capacità femminile: quando calano, diminuisce anche ...

Le donne sono più "multitasking" degli uomini.

Il segreto è negli ormoni


Uno studio svizzero ha identificato il segreto della capacità femminile: quando calano, diminuisce anche l'impegno su più fronti


LE DONNE sono in grado di svolgere più compiti contemporaneamente? Si, secondo numerosi studi scientifici che hanno riconosciuto al gentil sesso proprio la capacità di essere multitasking, cercando spesso i motivi di questa abilità. Lo ha fatto anche una nuova ricerca svizzera, pubblicata sul giornale Royal Society Open Science, che ha deciso di aggiungere un ulteriore tassello alle indagini in questo campo, individuando negli ormoni tipicamente femminili i responsabili di un comportamento dalle basi complesse.

Il test è stato condotto dal gruppo di Tim Kileen dell'University Hospital Balgrist di Zurigo, coinvolgendo 83 volontari sani di età compresa tra i 18 e gli 80 anni (31 soggetti tra i 18 e i 39, 23 tra i 40 e i 59 e 29 tra i 60 e gli 80), cui è stato chiesto di camminare su un tapis roulant e contemporaneamente dedicarsi ad un test linguistico. La prova nel dettaglio era di eseguire il cosiddetto "Stroop test", che prende il nome dallo studioso che lo ha ideato, è strutturato per associare parole e colori e che è stato impostato così: inizialmente i partecipanti hanno camminato guardando uno schermo con una semplice croce nera, in un secondo momento sul video è apparso uno stimolo che prevedeva una parola ed un colore congruenti ed infine è
giunto un input più complesso in cui parola e colore erano discordanti. In quest'ultimo caso è necessario scindere il vocabolo dal suo significato (per esempio, la parola rosso può essere scritta in giallo), situazione inconsueta capace di mettere in difficoltà.


La scelta è ricaduta su una prova organizzata secondo quanto riportato perché lo Stroop test è in grado di tenere occupato di più l'emisfero sinistro del cervello, che controlla anche il movimento dell'arto sul lato opposto del corpo. Ebbene, sia gli uomini, sia le donne in menopausa hanno dimostrato una riduzione nell'oscillazione proprio del braccio destro, una parte del movimento utile a mantenere l'equilibrio. Da notare che, per ottenere misurazioni rigorose ed affidabili, le valutazioni sono state effettuate grazie a riprese video dei partecipanti, con cui sono stati monitorati gli spostamenti nelle diverse condizioni della prova.


In ogni caso, è come se nei soggetti che hanno manifestato difficoltà l'obbligo di svolgere il test linguistico abbia inibito la capacità di muovere il braccio. Le uniche persone a non avere problemi sono state le giovani donne, spingendo i ricercatori a considerare la presenza degli estrogeni come base del comportamento multitasking. Perché un'alta concentrazione di questi ormoni avrebbe effetti a livello cognitivo ed addirittura inibirebbe risposte inappropriate; infatti, sempre secondo lo studio svizzero, quando con l'avanzare degli anni (sopra i 60) la carica ormonale cala, anche chi appartiene al gentil sesso inizia ad avere difficoltà nell'eseguire più azioni contemporaneamente, proprio come gli uomini. I risultati hanno relativamente sorpreso i ricercatori, ma se siano applicabili ad altri tipi di multitasking, quali guidare, o mandare sms, o mangiare e fare altro, è ancora tutto da dimostrare e saranno necessari ulteriori studi.





Salute e bellezza con l’aceto di mele