mardi 31 janvier 2017

Sale per pulire la casa

Usi del sale per pulire casa: dai metalli al ferro da stiro, ecco un perfetto sostituto ecologico degli sgrassatori chimici.



Esistono diversi trucchi che possono facilitare le pulizie in casa affinché non si sprechi tempo e denaro per liberarsi dello sporco.
Oggi il mercato ci offre prodotti per qualsiasi esigenza in casa; prodotti ad hoc i grado rimuovere tutta la sporcizia senza sforzi eccessivi. Tuttavia, è stato ampiamente dimostrato che la maggior parte di questi prodotti è composta da sostanze chimiche aggressive che non solo non sono sostenibili da un punto di vista ambientale, ma possono anche influire negativamente sulla nostra salute.

Usi del sale per pulire casa

Per questo motivo, chi ama pulire casa in modo ecosostenibile, potrà approfittare dei benefici degli ingredienti che la natura ci offre. Oggi vogliamo focalizzarci sul sale, un prodotto molto comune, che può essere impiegato su molteplici fronti nella pulizia della casa. Siete pronti per trasformarlo nel vostro miglior alleato?

Per pulire il tagliere

Uno degli elementi più contaminati della cucina è il tagliere. Quest’oggetto assorbe umidità e altri agenti che creano un ambiente perfetto per la proliferazione dei batteri. Il sale possiede un’azione antisettica che aiuta a disfarsi di tutti questi microbi affinché non influiscano negativamente sulla nostra salute.
  • Come impiegarlo
  1. Inumidite un po’ di sale con acqua o succo di limone e strofinatelo sul tagliere
  2. Lasciatelo agire per circa 5 minuti e poi risciacquate
  3. Realizzate questo procedimento prima o dopo aver utilizzato il tagliere.

Per eliminare le macchie da deodorante

Quasi tutti i deodoranti creano macchie bianche nei capi colorati o brutti aloni gialli in quelli bianchi. Per disfarcene, basta semplicemente approfittare delle proprietà sbiancanti del sale.
  • Come impiegarlo
  1. Riscaldate ½ litro d’acqua, mescolatelo con 4 cucchiai di sale e mettete a mollo il capo per un paio d’ore
  2. Ripetere questo procedimento diverse volte per eliminare completamente la macchia.

Per sgrassare il forno

Il grasso, le salse e altri prodotti che possono fuoriuscire quando cuciniamo in forno, possono portare alla proliferazione di batteri e generano cattivi odori all’interno del nostro elettrodomestico. Tenendo in considerazione che sono difficili da eliminare, una buona idea è quella di approfittare dell’azione astringente del sale.
  • Come impiegarlo
  1. Inumidite un po’ di sale e utilizzate il prodotto per assorbire lo sporco
  2. Strofinate con l’aiuto di un panno e ritirate i residui.

Per togliere le macchie di caffè dalle tazze

Il caffè è delizioso, ma quasi sempre macchia il fondo delle tazzine. Per rimuovere queste macchie e far tornare le tazze come nuove, provate a lavarle con un po’ di sale.
  • Come impiegarlo
  1. Inumidite un paio di cucchiai di sale con dell’aceto e strofinate il composto sulle tazzine utilizzando una spugna
  2. Risciacquate con abbondante acqua e ripetete il procedimento tutte le volte necessarie.

Per pulire il ferro da stiro

Questo oggetto di solito accumula sporco e composti sintetici che potrebbero rovinare i nostri capi se non viene pulito in modo adeguato. Per pulire il ferro da stiro, potete provare un semplice trucchetto usando il
sale.
  • Come impiegarlo
  1. Cospargete una buona quantità di sale su un pezzo di carta cerato e passatevi sopra il ferro da stiro ad una temperatura media
  2. Quando si raffredda, ritirate i residui usando un panno umido.

Pulire i metalli

A causa della polvere e dello sporco, alcuni articoli in acciaio, oro e argento diventano opachi e assumono un aspetto molto invecchiato. Uno dei metodi più economici e facili per pulirli consiste nello strofinarli con un po’ di sale e aceto.

  • Come impiegarlo
  1. Preparate un impasto con 3 parti di sale e 1 di aceto e usatelo per strofinare gli oggetti da trattare.
  2. Ritirate i residui con un panno e ammirate come sembrano essere tornati nuovi.

Per pulire le tubature

Molti ricorrono a prodotti chimici potenzialmente pericolosi per disgorgare e pulire le tubature di casa. Dato che è meglio evitare rischi, provate il seguente rimedio a base di un agente ecologico, quale il sale.

  • Come impiegarlo
  1. Versate 5 cucchiai di sale in un litro d’acqua bollente e assicuratevi che si dissolva bene
  2. Versate con attenzione il prodotto nelle tubature che volete sturare.
Come abbiamo visto, il sale non viene usato solo in cucina. La prossima volta che effettuate le pulizie di casa, potete provare a farlo in maniera ecosostenibile.

lundi 30 janvier 2017

Pilates

Che cos'è, come si pratica e quali sono i benefici.


Che cos’è



Il metodo Pilates, o semplicemente Pilates, è un sistema di allenamento che mira a rafforzare il corpo, a modellarlo, a correggere la postura e a migliorare la fluidità e la precisione dei movimenti.
Prende il nome da Joseph Pilates, che nella prima metà del ‘900 lo ha sviluppato e ha messo a punto i macchinari necessari alla sua pratica, utilizzandolo per riabilitare reduci di guerra e allenare ballerini e atleti.




A che cosa serve

Il Pilates ha lo scopo di rafforzare il corpo senza aumentare eccessivamente la massa muscolare, di sviluppare fluidità e precisione dei movimenti, di migliorare o correggere la postura con un lavoro centrato sulle regioni addominale e dorsale.
Il Metodo si prefigge di ottenere questi obiettivi eseguendo movimenti lenti, mantenendo una grande concentrazione e attenzione alla respirazione, in modo che l’attività fisica risulti in una maggiore consapevolezza del proprio corpo e dei movimenti che si compiono.


Come si pratica

Il Pilates è costituito da un’ampia gamma di esercizi da svolgere a corpo libero o con l’aiuto di macchinari sotto la supervisione di un allenatore specializzato che individua un programma basato sulle esigenze della persona.
Ogni esercizio viene ripetuto poche volte rispetto alle lunghe ripetizioni di altri tipi di allenamento, ma deve essere eseguito lentamente e con grande precisione.
Era infatti convinzione di Pilates che «poco movimento ben programmato ed
eseguito con precisione, in una sequenza bilanciata, abbia lo stesso valore di ore di contorsioni forzate ed eseguite in modo approssimativo».
Gli esercizi, pensati per rafforzare o stimolare specifiche parti del corpo, possono prevedere l’uso dei macchinari realizzati nella loro prima versione da Joseph Pilates; essi sono costituiti da sbarre, maniglie, elastici e strumenti che servono a contrapporre forza o ad accompagnare il movimento.




Indicazioni

Il Pilates mira ad allenare tutto il fisico; tuttavia il lavoro specifico che svolge sulla parte centrale del corpo, ossia sulle regioni addominale, dorsale e lombare, rendono questo metodo adatto in particolare a chi ha bisogno di correggere la postura e riequilibrare i carichi sulla colonna vertebrale.





Chi può praticarlo

Il Pilates è stato utilizzato per la riabilitazione o come metodo di allenamento e, grazie alla quantità e diversità degli esercizi di cui dispone, può essere adattato alle capacità di ciascuno.
La scelta di un centro specializzato dove praticare Pilates consente di svolgere gli esercizi con un allenatore che saprà calibrare il programma sulla base delle particolari esigenze di ogni persona e potrà tenere conto di eventuali difficoltà o problemi individuali.

samedi 28 janvier 2017

Zuppe , minestre e minestroni

Il termine inglese è “souping” e prevede il consumo di zuppe calde a base di vegetali, legumi, carne per dare sprint all’organismo in inverno, per detossinare, idratare e tenere a bada i chili di troppo


Zuppe: perché funzionano
Pasti caldi dai molti benefici, le zuppe, calde e nutrienti, rappresentano il pasto ideale durante l’inverno
secondo molti esperti, insieme a tè e tisane. La ragione non è esclusivamente legata alla temperatura corporea, ma riguarda anche la composizione delle stesse: a base di verdure, legumi e cereali, hanno un basso indice glicemico e sono ricche di fibre, possono essere poco caloriche se realizzate con carni magre e con brodo di ossa e certamente sono ricche vitamine e minerali.

Riscaldano, idratano e nutrono
Il massimo del comfort food, perfette anche per depurare e rinforzare le difese immunitarie dell’organismo durante i mesi invernali, in alternativa a juice e smoothie. Una corretta depurazione ha bisogno di nutrienti che supportino la capacità detossinante dell’organismo  E le zuppe rappresentano un ottimo modo per fornire tali sostanze nutritive, facili da digerire e che non affaticano fegato e reni». Le zuppe e le minestre, piatti che danno conforto nel cuore della stagione invernale, riscaldano, idratano e nutrono l’organismo, dunque.


«Economiche, facili da preparare con verdure fresche di stagione, hanno il loro posto in un’alimentazione detox, che ha lo scopo di “purificare” l’organismo fornendogli un pieno di vitamine, minerali e antiossidanti»,


Ricche di verdure
Zuppe di verdure miste che fungono anche da piatto unico e anche dolci, vellutate rassicuranti, brodi casalinghi, rappresentano tutte preparazioni facili da realizzare, sane e gustose, in cui frutta e verdura di stagione sono le vere star. Verdure che le zuppe consentono di consumare in grandi quantità, anche perché in forma semi-liquida sono meno voluminose e perché cotte e frullate facilitano il lavoro dell’apparato digerente.


Azione detox
Insomma, mangiare zuppe per qualche giorno non solo disintossica l’organismo, ma dà nuova energia a corpo e mente. Ma mentre questa idea non rappresenta una novità, l’approccio moderno considera la zuppa come mezzo, “strumento” per arricchire la dieta con alimenti e sostanze integrali e benefici per l’organismo. Il fenomeno souping può anche essere funzionale alla conoscenza e al consumo di erbe e spezie come cumino, curcuma, coriandolo, zenzero, pepe, ricchi di fitonutrienti, toccasana per l’organismo e spesso da noi poco utilizzate.


Idratanti
E ovviamente zuppe, minestre e brodi sono composti di una quantità più o meno abbondante di acqua. Questa, facendo gonfiare le fibre presenti nei vegetali, darà rapidamente un senso di sazietà. Consumare una zuppa permette di idratarsi senza accorgersene, soprattutto in inverno, quando non è sempre piacevole bere grandi bicchieri di acqua. Una zuppa può quindi rivelarsi un prezioso alleato per restare ben idratanti.

vendredi 27 janvier 2017

Sport over 50 : consigli utili

Sport sopra i 50 anni: un vero elisir di lunga vita. L'importante è scegliere quello giusto, praticarlo con criterio e alimentarsi correttamente.



L’attività motoria garantisce benessere a ogni età, ma sopra i 50 è un vero elisir di lunga vita. Tutti i benefici del fitness e i consigli per la vostra prima volta in tuta.
Avete raggiunto i 50 anni e non avete mai avuto tempo di fare sport? È arrivato il momento di cominciare. Ma per beneficiare di tutto il buono dell'attività fisica, specie se non ci si è mai mossi molto, si devono seguire alcune regole di buon senso.
Un fatto è certo: se si arriva intorno ai 50 pesantemente fuori forma sarà molto difficile acquisire una linea perfetta proprio ora. In ogni caso, avvicinarsi all’attività fisica nel modo giusto potrà dare i suoi frutti. Ecco qualche consiglio utile.

Meglio prevenire
Uno studio statunitense condotto su un campione di ben 34.000 donne in età pre e post menopausa ha scoperto che, per evitare di ingrassare durante questo periodo della vita, è necessario fare almeno un’ora di sport al giorno. E che l’impresa ha successo soprattutto tra le signore che non sono in sovrappeso.
Ma l’attività fisica non serve solo per poter continuare a indossare jeans e abiti stretch: è stato dimostrato che 3 appuntamenti settimanali con la palestra – o con la piscina, lo jogging o l’attività sportiva preferita – sono in grado di osteggiare l’osteoporosi.

Con questo ritmo di allenamento, mantenuto nel tempo, si verifica infatti un incremento della densità ossea o almeno una diminuzione della demineralizzazione scheletrica.



L’aiuto in più vien dall’esterno
Con l’età, tutto l’organismo subisce mutamenti fisiologici, non sempre facili da accettare. Tali cambiamenti, per esempio l’aumentata produzione di radicali liberi, responsabili principali dell’invecchiamento cellulare, possono rivelarsi meno importanti se si dà una mano all’organismo con un buon apporto di vitamine e minerali.

Importante anche avvalersi dei benefici del coenzima Q10, una sostanza dall’azione antiossidante, già presente nelle cellule, ma destinato a diminuire con il passare degli anni. Lo si trova nella carne, nel pesce, nel germe di grano e nella soia e in numerose preparazioni cosmetiche e negli integratori, in genere combinato a vitamine e minerali.

Tutti i benefici dello sport
Ormai da tempo, insieme a un’alimentazione leggera ed equilibrata, i medici prescrivono di fare moto per contrastare obesità ma anche importanti patologie tipiche dell’età che avanza. Muoversi, infatti, fa bene. Ecco perché:

  • diminuisce il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, in particolare, lo sport è un ottimo antipertensivo;
  • abbassa il rischio di sviluppare diabete mellito perché aiuta a regolare i livelli glicemici nel sangue;
  • tiene lontano il rischio di cadute con conseguenti fratture poiché l’abitudine all’attività motoria rende il corpo più flessibile, elastico e capace di senso dell’equilibrio;
  • è un ausilio anti invecchiamento: uno studio su alcune donne in post menopausa ha accertato che fare attività motoria aiuta i telomeri (sequenze di Dna che proteggono le estremità dei cromosomi) a mantenere longeve le cellule immunitarie. Per il successo dell’operazione, sono necessari 42 minuti di sport ogni 3 giorni.
Chi si ferma è perduto
Man mano che il tempo passa, l’organismo rallenta le sue funzioni: chi pratica uno o più sport allontana questo processo dovuto all’invecchiamento, rimanendo più a lungo scattante.
E, in genere, la qualità della vita migliora in quanto l’attività fisica, che ha un effetto rilassante e antistress, può migliorare il rapporto con il sonno.
Anche il cervello resta giovane: praticare un’attività sportiva significa entrare in contatto con persone d’ogni età, favorendo la socializzazione e la nascita di nuove amicizie.
Infine, una ricerca inglese pubblicata su Environmental Science and Technology ha sottolineato che lo sport all’aria aperta, per esempio la classica corsa nel parco, funziona meglio di una sessione di esercizi in palestra poiché nel verde il relax è garantito dall’ambiente.



Quale scegliere?
Chi non ha alle spalle una vita sedentaria deve procedere con gradualità e, prima di iniziare, consultare il proprio medico. Un elettrocardiogramma va messo in preventivo.
È ovvio che non si diventa campionesse olimpiche a 50 anni, ma una volta individuata la propria disciplina, l’allenamento regolare e progressivo daranno risultati sorprendenti. A patto di saper riconoscere i propri limiti.
Superati i 40, il metabolismo rallenta e vengono suggeriti sport che comprendono uno sforzo non intenso ma prolungato. Ecco quali.
Nuoto: si svolge in assenza di gravità e per questo motivo non c’è possibilità di incorrere in traumi alle articolazioni. I muscoli acquisiscono tono e sinuosità.
Corsa leggera o passeggiata veloce: iniziare da mezz’ora di camminata per verificare il proprio stato di resistenza e aggiungere qualche minuto ogni volta. Chi comincia a correre non superi i 3, 4 minuti le prime volte.
Pilates: migliora la postura, contribuisce a rinforzare il tono muscolare e la flessibilità. Da imparare con un istruttore e da “usare” ogni giorno per benefici duraturi.
Ballo: si può imparare a ogni età, è divertente e invita a prendersi cura di sé. Latino americano e liscio mantengono in forma e allargano gli orizzonti della vita sociale.

Tutti gli sport da intraprendere, magari durante le vacanze, vanno bene: un breve corso di arrampicata, di vela, di canoa, di canyoning… ma si tratta, appunto, di attività episodiche, difficilmente riproponibili una volta rientrati in città. Mettersi alla prova, sopra i 50, è comunque un ottimo esercizio “anti age”.

jeudi 26 janvier 2017

L'importanza della vitamina D

A chi serve la vitamina D e come si fa ad averne a sufficienza

La mappa mondiale dello stato nutrizionale di vitamina D redatto dalla IOF (Fondazione Internazionale di Osteoporosi) e i dati SIOMMS (Società Italiana Osteoporosi del Metabolismo Minerale E Malattie dello Scheletro) parlano chiaro: la carenza di vitamina D è una pandemia, l’88% della popolazione mondiale e l’80% della popolazione italiana presenta bassi livelli di vitamina D. L’azione che questo micronutriente essenziale, liposolubile, esercita su tessuto osseo, sistema immunitario, sistema cardiocircolatorio, muscoli, metabolismo e crescita cellulare, rende lo stato di ipoavitaminosi presente, un problema di salute pubblica.  

La mancanza di vitamina D è causa di numerose condizioni patologiche:    
 
1. OSTEOPOROSI - Ne soffrono 200 milioni di persone al mondo, uomini e donne sopra i 50 anni di età. Nel 2020 sarà la terza malattia socialmente significativa dopo malattie cardiovascolari e tumori. L’alterazione strutturale delle ossa che aumenta il rischio di fratture, dipende dal ridotto assorbimento di calcio, finemente regolato dalla Vitamina D. 

2. DIABETE - Elevati livelli di glucosio nel sangue, dipendono da una alterazione dei sistemi di controllo da parte dell’insulina, ormone prodotto sotto regolazione dalla Vitamina D. 

3. SARCOPENIA - Tipicamente presente negli anziani la riduzione dei muscoli, è dovuta ad un ridotta sintesi delle strutture muscolari causata da bassi livelli di vitamina D. 

4. ALTRE MALATTIE - Tumori, malattie autoimmunitarie, malattie respiratorie e infezioni. 


Quali possono essere le cause di una carenza di vitamina D?  

•ridotta esposizione solare;  
•ridotta assunzione di vitamina D;  
•ridotta assunzione di calcio; 
•alterazione dell’assorbimento intestinale;  
•presenza di patologie renali e/o epatiche;  
•assunzione di alcune categorie di farmaci (corticosteroidi e antiepilettici); 
•obesità. 

E’ quindi imperativo aumentare gli apporti di vitamina D, per la prevenzione e la cura, da tutte le fonti possibili favorendone l’assorbimento. 

Chi necessita maggiormente di apporti di vitamina D?  
Tutti hanno bisogno di vitamina D, è un elemento fondamentale a ogni età, in ogni individuo. Sono però i soggetti che soffrono ad esempio di diabete ad averne particolarmente bisogno. Al pari chi, soprattutto in età avanzata, soffre di osteoporosi necessita di un maggior quantitativo di vitamina D. In generale è altamente consigliata l’assunzione nella fase della crescita, agli sportivi, alle donne incinte, ai bambini e agli over 75, molti dei quali a causa della mancato apporto di vitamina D soffrono di una riduzione dei muscoli, chiamata sarcopenia. 


In quali modi l’organismo può assorbirla?  
Ci sono varie modalità. Prima di tutto attraverso l’esposizione alla luce solare, stando semplicemente all’aria aperta, possibilmente con braccia e gambe scoperte, dai 5 ai 30 minuti al giorno almeno due volte a settimana. L’ideale è senza filtri. Creme con fattore di protezione 8 bloccano infatti il 97,5% di UVB e con fattore di protezione superiore a 15 bloccano il 99% di UVB. Possono aiutare, con molta moderazione anche i lettini solari, soprattutto d’inverno. Si può poi ovviamente assumere la vitamina attraverso vari alimenti, farmaci e integratori alimentari. In molti concordano sull’utilità di questi prodotti per prevenire e curare stati di carenza di vitamina D, come confermato da documenti del Ministero della Salute e dalla Endrocrine Society. 



Quali alimenti ne contengono di più e in quali quantità?  
Gli alimenti naturalmente ricchi di vitamina D sono pochi, contribuiscono solo per il 20% a coprire i fabbisogni, e conoscerli ci aiuterà a scegliere con consapevolezza. Il pesce è altamente consigliato, in modo particolare le aringhe, il tonno, il salmone, le acciughe, le alici, la cernia, il pesce spada, la spigola, la trota. L’olio di pesce (attenzione al mercurio) è molto ricco di vitamina D. Anche alcune tipologie di carni sono consigliate. Tra queste, pollo, prosciutto crudo, agnello, suino e tacchino. E poi altri alimenti come l’uovo intero, il latte di vacca, lo yogurt e i funghi possono contribuire ad un corretto supporto di vitamina D. Ricche di vitamina D anche le alghe, le mandorle dolci e le foglie di rapa. Una dieta ricca di MUFA (acidi grassi monoinsaturi), di cui è ricco l’olio extravergine d’oliva, ne migliora la biodisponibilità (o assorbimento). Per le quantità si parla di porzioni da circa 150 (g).  

Quali sono, se ne esistono, le controindicazioni (ovvero chi ne deve stare alla larga e perché)?  
Non esistono controindicazioni se si parla di fonti naturali di vitamina D come il sole e l’alimentazione. Non bisogna certo esagerare né con l’uno né con l’altra. L’ideale è mantenere una nutrizione bilanciata e non eccedere mai nelle dosi consigliate dagli esperti. Lo stesso vale per il sole. Va bene l’esposizione solare ma i soggetti più sensibili ai raggi devono evitare, soprattutto nei mesi estivi, di esporsi nelle fasce orarie più calde e rischiose per evitare bruciature e altre possibili complicazioni alla salute. Vale per entrambe la regola del buon senso, mai esagerare.  


Si possono avere dei sovradosaggi?  

Il rischio di sovradosaggio e conseguenti effetti collaterali per la salute esiste solo per integratori alimentari e farmaci che devono, per questo, essere assunti solo ed esclusivamente sotto indicazione di un professionista della salute, che può essere un medico o un biologo nutrizionista.  

mercredi 25 janvier 2017

Gin & tonic:simbolo di eleganza

Si fa presto a dire gin tonic: così semplice e così complesso


Cocktail simbolo di eleganza, era il preferito di Clark Gable. Oggi vive in mille varianti, tutte di successo, e vanta una storia lunga, tempestata di episodi bizzarri.
                Un manifesto degli anni '60 pubblicizzante il drink preferito da Clark Gable 

 Sarà anche possibile prepararlo ad occhi chiusi come racconta Marco Ferrante nel suo ultimo libro ma rimarrebbe un gesto di seduzione. Niente di più. Perché il Gin tonic, il cocktail preferito da Clark Gable è uno di quelli che sembrano semplici e invece non lo sono. Le variazioni sono tante, i risultati diversi. Cominciamo dagli ingredienti. Il gin naturalmente e la tonica con un rapporto generalmente di 1 a 3. La preparazione avviene direttamente nel bicchiere, un classico e ampio Tumbler, ultimamente sostituito dal meno classico ma più trendy Ballon. In entrambi i casi con tanti cubetti di ghiaccio. Una o due fettine di limone per guarnire.


                                            Quattro diverse ricette di Gin Tonic

Tutto qui? Niente affatto perché la fantasia dei bartender, le sperimentazioni di ogni genere, le innumerevoli qualità di acque toniche e gin si combinano in mille varianti a tutto vantaggio del risultato finale. Quindi ecco i Gin tonic più aromatici, quelli botanici, secchi, più o meno profumati e via andare praticamente all’infinito. Senza dimenticare le varie, tante (spesso troppe) aggiunte di spezie, aromi e pigmenti per esaltare profumi e sapori del gin e sposarsi nel migliore dei modi con le bollicine della tonica. Si va dalle più semplici e ormai diffusissime bacche di ginepro adagiate sul ghiaccio, allo zenzero, oppure cetriolo, pepe rosa, cardamomo, frutti di bosco fino a rosmarino, basilico e cannella.

Quanta fantasia. Parecchia, in effetti. Più o meno come quella dei due medici “inventori” dei due ingredienti che compongono il cocktail. Cominciamo dal gin (o “Jenever” in olandese) sviluppato nel 1650 presso l’Università di Leiden da Franciscus de la Boe, più conosciuto come dottor Sylvius. L’uomo sicuramente non aveva la benché minima idea del futuro e lo sviluppo della sua “invenzione”, visto che stava semplicemente cercando un modo per far assimilare ai suoi pazienti tutti i presunti benefici che la bacche di ginepro avrebbero dovuto avere per la circolazione sanguigna. Insomma, cercava qualcosa in grado di purificare il sangue e curare gotta e malattie reumatiche. Riuscì, più o meno nell’intento ma presto gli effetti medicinali vennero travolti da altri che di “medicinale” avevano ben poco.  

             La variante guarnita con una fetta di limone ( o di arancia) è tra le più classiche

Altrettanto originale la nascita dell’acqua tonica. Il merito spetta agli inglesi che nel 1736 scoprirono le proprietà della corteccia di chinchona molto efficace per il trattamento della malaria. E’ vero che ignorarono per ancora molto tempo la causa principale della malattia (ovvero la zanzara) ma il tonico al chinino sviluppato dal dottor George Cleghorn, chirurgo al 22 ° reggimento del Esercito Reale, funzionò abbastanza e presto si diffuse in tutto il mondo.

La storia continua e bastano circa sessant’anni per farla correre parallela a quella dei cocktail. Ovvero quando il chimico tedesco Johann Jacob Schweppe inizia la produzione di soda per scopi medicinali nel suo negozio di Bristol, in Inghilterra. L’idea stravolgente? Miscelare l’anti-malarica acqua tonica con un dolcificante e aggiungere l’anidride carbonica. Era nato il primo soft drink.
Infine il limone. Sempre un chirurgo dell’esercito reale, James Lind, studioso di igiene navale, aveva scoperto che i marinai si ammalavano di scorbuto per mancanza di vitamina C. Motivo per cui i lime prima e i limoni dopo, diventarono obbligatori sulle navi inglesi. E così proprio dall’unione di queste “tre medicine” nasce lo straordinario e benefico cocktail chiamato “Gin Tonic”.
 
Storia che sconfina con la nascita del Gin Fizz, una variante tutt’altro che secondaria. Molto rinfrescante, capostipite della categoria dei "fizzes", che comprende tutti quei cocktail leggermente frizzanti, composti da un alcolico, da un succo acidulo, solitamente di limone, e dalla soda. La ricetta ufficiale (quella IBA, International Bartenders Association) è la seguente: si versano tutti gli ingredienti (6 parti di Gin, 4 di succo di limone e 2 di sciroppo di zucchero) tranne la soda nello shaker con ghiaccio. Si agita per qualche secondo e si serve in un bicchiere Tumbler alto, colmando con la soda. Può essere guarnito con una fettina di limone e una ciliegina rossa. Anche in questo caso ci sono molte varianti. Si va dal Silver Fizz (con il bianco d'uovo) al Golden Fizz (con il rosso), dal Diamond Fizz (con il vino frizzante) al Green Fizz (con una spruzzata di crema di menta).
 

Una storia lunga e come abbiamo visto piena di sorprese fin dalla nascita. Divertente, curiosa e letteraria. Che ha portato il gin tonic in giro per il mondo, trasformandolo a seconda delle occasioni ma restando sempre “il drink del momento”. In discoteca, sulla spiaggia e nei grandi bar. Trascinato dalla forza e dal fascino del gin, dalla semplicità dell’acqua tonica e dalla varietà di quel “resto” di cui abbiamo appena detto. Il segreto? Uno, nessuno e centomila. Più probabilmente la voglia di sperimentare. O addirittura di portare un certo sollievo. Curativo? Può darsi. In fondo se ha funzionato con la malaria…


mardi 24 janvier 2017

Daiquiri : cocktail da romanzo

I profumi del Daiquiri, il cocktail più amato dagli scrittori (e non solo)



Un drink di grande fascino, che prende il nome da un villaggio nei pressi di Santiago di Cuba. Ci sono tre diverse leggende sulla sua nascita e una certezza: solo rhum bianco. 


Anche il fascino e la storia di un cocktail si possono preparare dentro uno shaker. Nel Daiquiri, soprattutto, dove origini e leggende costituiscono la parte più importante della composizione. Quella che nella preparazione spetta al Rhum, rigorosamente bianco (4,5 cl) a cui va aggiunto succo di limone fresco o lime (2 cl) e sciroppo di zucchero (0,5 cl).
Il tutto servito ghiacciato in una coppetta da cocktail senza decorazioni.
Torniamo però, alle origini del Daiquiri, diffuso in America già all’inizio del Novecento, che sono diverse, affascinanti e controverse.
Almeno tre quelle che meritano di essere raccontate. Per trovare la prima bisogna rimettere indietro la macchina del tempo al 1898, durante la guerra tra Stati Uniti e Spagna. Esattamente dopo l’affondamento della nave Maine, nel porto dell’Avana. Si racconta che in quei giorni, un marine sbarcato in un piccolo villaggio nei pressi di Santiago di Cuba, precisamente a Daiquiri, entrato in un locale per dissetarsi trovò soltanto il rhum.
Non volendolo bere liscio, lo fece allungare con succo di lime e poi lo corresse ulteriormente con un po’ di zucchero. Ebbene, quel marine aveva composto il primo Daiquiri della storia.



Come dicevamo, però, le storie non sono mai sole. Ecco, dunque la seconda che viene fatta risalire sempre allo stesso anno e alla stessa spiaggia di Daiquiri. Alla testa delle truppe americane pronte a liberare Cuba dall’esercito coloniale spagnolo c’è il generale Shafter, poco interessato alla battaglia e molto di più alla bevanda diffusa tra i guerriglieri cubani alleati, la Cancháchara: 2/3 di rhum, 1/3 di limone e un po’ di zucchero. Di cui avrebbe detto: «A questa bevanda manca solo una cosa: il ghiaccio». Dando luogo così alla consacrazione del Daiquiri, unica cosa per cui il generale viene ricordato.

La terza storia (riportata da Elfloridita.net) sposta la data di nascita del Daiquiri pochi anni più tardi, nel 1905, quando alcuni ingegneri americani impegnati nei lavori in una miniera, “inventarono” il cocktail battezzandolo immediatamente con il nome della suddetta spiaggia cubana. Scendendo poi nei particolari, non sempre affidabili, si racconta che un certo Giacomo Pagliuchi, ingegnere minerario di origini italiane, mentre visitava una miniera di ferro ad est di Cuba chiamata Daiquiri avrebbe proposto ad un suo collega americano, tale ingegner Cox, di bere qualcosa. E siccome avevano a disposizione solo rhum, lime e zucchero miscelarono questi tre ingredienti in uno shaker con ghiaccio. A quel punto Pagliuchi avrebbe domandato: «Come si chiama questo cocktail?». «Non ha un nome... potrebbe essere un rum sour», rispose Cox. Al che l’altro sentenziò lapidario: «Questo nome non è degno di un cocktail così fine e delizioso come il nostro. Lo chiameremo Daiquiri».




Dalle leggende poi si passa alla storia vera. Una sorta di invenzione ufficiale che passa da L’Avana.
Qui nel bar El Floridita nel 1914 il bartender catalano Constantino Ribalaigua Vert diventa presto famoso grazie al suo Daiquiri, preparato esattamente come lo conosciamo adesso. Ed è a questo punto che possiamo finalmente inserire la frase più famosa di tutta questa storia: “My mojito at La Bodeguita, my daiquiri at El Floridita”, pronunciata da Hemingway, dal 1932 frequentatore abituale del locale e discreto bevitore del cocktail cubano. Il premio Nobel per la letteratura lo ordinava spesso nella versione con doppio rhum che prese il nome di "Papa Doble" (Papa era il soprannome che i cubani diedero allo scrittore). Ma non fu l’unica invenzione di Hemingway che avendo problemi di diabete per continuare a berlo adottò la versione con il Maraschino al posto dello zucchero e un aggiunta di succo di pompelmo.




Ma non ci sono solo storie e leggende sul cammino del Daiquiri. C’è anche la letteratura e il cinema. Il cocktail cubano è bene ricordare che fece il suo grande debutto letterario nel 1920 nel romanzo di Francis Scotto Fitzgerald, “Di qua dal paradiso”.
Per quanto riguarda il cinema, invece, il drink che ha avuto tra i suoi grandi estimatori anche il presidente americano John Fitzgerald Kennedy, viene ripetutamente citato nel film “Il Nostro agente all’Avana” di Carol Reed (1959); in “Improvvisamente l’estate scorsa” diretto da Joseph L. Mankiewicz nel 1959) offerto da Katharine Hepburn a Montgomery Clift- E ancora un Daiquiri viene servito con aggiunta di arsenico in “Assassinio allo specchio” di Guy Hamilton (1980), tratto dall’omonimo romanzo di Agatha Christie e compare anche ne “Il padrino- parte II”, diretto da Francis Ford Coppola nel 1974), ordinato da Fredo Corleone mentre è a colloquio con il fratello Mik




Tante storie ma per fortuna un’unica ricetta. Per quanto riguarda il Daiquiri è una delle poche cose su cui sono tutti d’accordo (salvo qualche leggera variazione nel rapporto tra le quantità). Ovvero, 4,5 cl di rhum bianco, 2 di succo di lime fresco e 0,5 di sciroppo di zucchero di canna. Sulle varianti invece la storia si allunga di nuovo. Girano spesso intorno all’introduzione di un frutto che rende questo cocktail ancora più fresco. Ecco allora lo Strawberry Daiquiri (con l’aggiunta di fragole), il Banana Daiquiri (con crema di banana), il Frozen Daiquiri, versione moderna che prevede tra gli ingredienti anche una pallina di gelato e il Daiquiri New Fashion con crema di banana e fragole.




Infine il Superior Daiquiri, un cocktail sperimentato per la prima volta a Porto Rico nel 1962 e riscoperto nel 2012 in Italia dentro un vecchio manuale dell'UKBG (l'associazione dei barmen inglesi). Si prepara con il succo di mandarino al posto di quello di lime e una goccia di bitter campari che lo rende molto italiano.

lundi 23 janvier 2017

Negroni : un cocktail italiano


l Negroni è un pre-dinner cocktail alcolico dal tipico colore arancione scuro, a base di vermut rossobitter Campari e gin.



Il Negroni è un cocktail elegante, asciutto, che fa della propria semplicità un grande vanto e ci piace ricordare che è un cocktail nato in Italia e preparato con due grandi ingredienti italiani: vermut e bitter Campari.

Nella Firenze degli anni’ 20 il Conte Camillo Negroni, stanco del solito aperitivo Americano che sorseggiava quotidianamente al suo Caffè preferito, chiese al barman una spruzzatina di Gin: nacque così il Negroni che divenne ben presto uno degli aperitivi italiani più famosi del mondo.


Oggi il Negroni è considerato uno dei più famosi aperitivi italiani, e in tutto il mondo è conosciuto semplicemente come "Negroni". Cavalcando l'onda del successo, un imprenditore, Cavaliere Guglielmo Negroni, nato a Villanova sull'Arda vicino a Busseto nel 1889, nel 1919 fondò a Treviso l'"Industria Liquori Negroni", oggi denominata "Distillerie Negroni" e realizzò tra i vari prodotti l'omonimo "Antico Negroni 1919".




Preparazione

In un bicchiere colmo di ghiaccio versate il Gin, il Vermouth e il Campari, mescolate e avrete così ottenuto il Negroni.
Consigli
Servite in un bicchiere del tipo old fashioned  (Tumbler basso ) insieme con una mezza fetta di arancia.
Idee e varianti
Potete provare ad aggiungere agli ingredienti una parte di Soda.
Per saperne di più
L'Americano, cocktail da cui deriva la nascita del Negroni, era l'aperitivo in voga negli anni '30, preparato con Vermouth, Campari e Soda. Il Conte Negroni non fece altro che chiedere la sostituzione della Soda con l'amato Gin e, inconsapevolmente, lanciò una vera e propria moda: da quel momento, tutti i clienti del Caffè Casoni di Firenze, incominciarono a chiedere "un Americano alla maniera del conte Negroni".

Quali piatti abbinare al cocktail Negroni?
Scegliamo piatti ricchi e speziati oppure pesce o carni rosse o verdure, il Negroni è un cocktail corposo che non ha paura di nessun boccone, forse uno dei più duttili in assoluto. Piatti consigliati: trota al barbecuearrosto di manzopasticcio di rigatoni con ragù vegetariano,filetto alla Wellington.

samedi 21 janvier 2017

Manhattan cocktail : un aperitivo di classe


MANHATTAN
  • 5 cl Rye Whiskey.
  • 2 cl Vermouth rosso.
  • 1 goccia di Angostura.
  • Unire tutti gli ingredienti nel mixing glass già riempito con cubetti di ghiaccio e mescolare bene.
  • Versare in una coppa da cocktail già raffreddata.
  • Guarnire con una ciliegina da cocktail.
l Manhattan è uno dei più famosi cocktail a base di whisky, gli ingredienti che lo compongono lo rendono un perfetto aperitivo, un ottimo cocktail da bere e da mostrare magari nel locale più trendy della città.

Il Manhattan è infatti un cocktail che è stato sotto i riflettori sin dalla sua creazione. Si narra sia nato intorno al 1870 al “Manhattan club” di New York, creato dal Dott. Iain Marshall per un ricevimento tenuto da Jerrie Jerome(ovvero Lady Randolph Churchill, madre di Winston Churchill) in onore del candidato presidente Samuel J.Tilden. Il successo del banchetto rese il drink di gran moda e ciò porto le persone a richiedere il cocktail facendo riferimento al locale in cui era stato creato, divenendo così il “Manhattan” cocktail. Il drink divenne celebre di lì a poco anche in Europa dove si trovava Lady Randolph durante la sua gravidanza rendendolo così popolare;popolarità che per questo fortunato cocktail ha perdurato negli anni, sino ad oggi.
Il Manhattan è infatti uno dei cocktail più citati nei programmi televisivi:
  • Impossibile non notarlo accanto al Cosmopolitan in “Sex and the city” la famigerata e fortunatissima serie tv, in cui le quattro protagoniste consumano di frequente i cocktails in qualche locale fashon del celeberrimo quartiere di New York
  • In “Will e Grace”, altra serie tv dagli Stati Uniti, il personaggio di Karen è conosciuta per bere Manhattans nella biblioteca a Park Avenue
  • Nella seria animata “the Simpsons”, nell’episodio “Bart l’assassino”, Bart viene risparmiato dalla mafia di Springfield solo se riuscirà a preparare un superbo Manhattan;riuscendo diventa barman della mafia
  • “Eddie lo svelto” ,il protagonista principale nel film “il colore dei soldi” sceglie il Manhattan come cocktail preferito
  • Nel film “A qualcuno piace caldo” con Marylin Monroe e Jack Lemon le ragazze improvvisano un party nel treno e scelgono di preparare un Manhattan usando Bourbon whiskey anziché il Canadian miscelando tutto in una bottiglia
Un cocktail con così tanta storia e leggenda non poteva che avere altrettante varianti. Proviamo, allora, a raccontarne qualcuna. Cominciando dal “Perfect” (detto anche Medium) che prevede sempre l’uso del whiskey americano a cui però vanno miscelati la stessa quantità di Vermouth rosso e di Dry. Il risultato? Un drink meno dolce e più erbaceo. Assolutamente da provare.
E se il dolce ci piace davvero poco, ecco il Manhattan Dry, la versione più secca e aromatica della famiglia Manhattan. Qualcosa che si avvicina (sempre naturalmente come idea) al Martini Dry. Poi c’è il Il Rob Roy, con il whisky scozzese al posto del gin o il Metropolitan che invece prevede il brandy. 



 Insomma, il Manhattan è il cocktail famoso, apprezzato e modaiolo. Citando l’attore Martin Short, vi lasciamo alla ricetta. 
..Ma dottore, io mangio un sacco di frutta. Metto sempre tre ciliegine in ogni Manhattan!

Salute e bellezza con l’aceto di mele