L’uomo che rinnegò il passato per arrivare a Dio
Franco Battiato ricorda immagini e incontri di una vita intera sotto il segno di David Bowie
Graffiti, lo street artist James Cochran (Jimmy C) ritocca il graffito
dedicato a Bowie che a Londra. L’opera verrà ricoperta da una pellicola
protettiva trasparente
FRANCO BATTIATO
Il suo vero nome era David Robert Jones. Nacque sotto il segno del Capricorno, l’8 di gennaio. Destinato a un successo senza pari, morì, guarda caso, due giorni dopo la sua nascita. Caduto sulla terra, il Duca Bianco, aveva appena registrato
Space Oddity.
.. E quel brano piaceva da pazzi! Ero stato contagiato anch’io.
Hunky Dory
, i biondi capelli, una femminilità fotografica, alla Greta Garbo. Aveva già rinnegato il passato, per il futuro.
Londra era una polveriera. La droga imperversava. Io volevo vedere e capire quello che capitava. La mia paura era di passare di fianco a una nuova moda che stava per arrivare. Non desideravo altro che locali... We can be heroes, just for one day.
Il 20 marzo 1970 Bowie sposa l’americana Angela Barnett, della quale dirà: «L’ho conosciuta perché stavamo con lo stesso ragazzo». Il matrimonio durò lo spazio di un decennio, regalando a Bowie il figlio Zowie (poi ribattezzato Duncan Jones).
Le parole più belle per ricordarlo le ha usate Tony Visconti: «Ha sempre fatto quello che voleva. E voleva sempre farlo». Tony Visconti, amico e collaboratore storico, si è prestato a un’intervista con l’edizione Usa di Rolling Stone in cui ha raccontato gli ultimi mesi di David Bowie così come lui li ha visti e vissuti. Il produttore ha spiegato come la star, circa una settimana prima della scomparsa, lo avesse contattato tramite FaceTime per dirgli che voleva fare un altro disco ancora, aveva già scritto - e inciso in versioni demo grezze - ben cinque nuovi pezzi ed era impaziente di tornare in studio per un’ultima volta. Bowie sapeva già da novembre di essere malato terminale, ma - stando a quanto dice Visconti - non aveva idea del fatto che gli rimanesse così poco tempo da vivere.
Ebbe due figli, e la moglie Imam. Dopo il divorzio da Angela nel 1980, nel 1992 Bowie si è risposato con la top model somala Imam, da cui è nata nel 2000 Alexandria Zahra, che Bowie ha cresciuto rimanendo a lungo con lei a casa. Il legame tra i due è rimasto solido nel tempo. L’ultimo anno e mezzo lo ha passato a combattere con un tumore, che non è mai stato reso pubblico. Ma la sua creatività non è venuta meno, tanto da continuare a lavorare all’album - il 25esimo - Blackstar, uscito lo scorso 8 gennaio. Un addio messo in musica a chi l’ha amato.
Londra era una polveriera. La droga imperversava. Io volevo vedere e capire quello che capitava. La mia paura era di passare di fianco a una nuova moda che stava per arrivare. Non desideravo altro che locali... We can be heroes, just for one day.
Il 20 marzo 1970 Bowie sposa l’americana Angela Barnett, della quale dirà: «L’ho conosciuta perché stavamo con lo stesso ragazzo». Il matrimonio durò lo spazio di un decennio, regalando a Bowie il figlio Zowie (poi ribattezzato Duncan Jones).
Le parole più belle per ricordarlo le ha usate Tony Visconti: «Ha sempre fatto quello che voleva. E voleva sempre farlo». Tony Visconti, amico e collaboratore storico, si è prestato a un’intervista con l’edizione Usa di Rolling Stone in cui ha raccontato gli ultimi mesi di David Bowie così come lui li ha visti e vissuti. Il produttore ha spiegato come la star, circa una settimana prima della scomparsa, lo avesse contattato tramite FaceTime per dirgli che voleva fare un altro disco ancora, aveva già scritto - e inciso in versioni demo grezze - ben cinque nuovi pezzi ed era impaziente di tornare in studio per un’ultima volta. Bowie sapeva già da novembre di essere malato terminale, ma - stando a quanto dice Visconti - non aveva idea del fatto che gli rimanesse così poco tempo da vivere.
Ebbe due figli, e la moglie Imam. Dopo il divorzio da Angela nel 1980, nel 1992 Bowie si è risposato con la top model somala Imam, da cui è nata nel 2000 Alexandria Zahra, che Bowie ha cresciuto rimanendo a lungo con lei a casa. Il legame tra i due è rimasto solido nel tempo. L’ultimo anno e mezzo lo ha passato a combattere con un tumore, che non è mai stato reso pubblico. Ma la sua creatività non è venuta meno, tanto da continuare a lavorare all’album - il 25esimo - Blackstar, uscito lo scorso 8 gennaio. Un addio messo in musica a chi l’ha amato.
Verso la metà del 2015, poi, sembrava che le condizioni andassero migliorando. Era ottimista perché la chemio che faceva stava funzionando, a metà dello scorso anno: era in remissione. Ero felicissimo. Lui era un po’ preoccupato e mi ha detto: «Be’, non festeggiare troppo in fretta. Per ora sono in remissione, ma vediamo come vanno le cose». Ha continuato la chemio e io credevo che ce l’avrebbe fatta. Poi a novembre è tornato il male. Si era diffuso in tutto il corpo e da lì non si torna indietro. Ha poi detto: «Era così coraggioso». La sua energia era incredibile, per essere un uomo che aveva il cancro. Non ha mai mostrato paura. Era concentratissimo sul disco.
Quando l’ho incontrato nel 2008 o 2009, aveva preso un po’ di chili. Era in carne, con le guance rosa. Non era malato. Prendeva solo una medicina per il cuore. Una cosa normale, come fa tanta gente di 50 o 60 anni che si cura il cuore e vive a lungo. Tutto era sotto controllo. Due mogli, due figli e tante trasgressioni, musicali e sessuali in tutte le direzioni... Tanti scatti a colori, in bianco e nero e una frase: «La sofferenza è reale, ma anche Dio». Il finale l’ho sempre visto così: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito».
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